La parte civile, anche a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 46 del 2006, che ha soppresso il vincolo di collegamento tra la potestà di impugnazione del pubblico ministero e quella della parte civile, può proporre autonomamente gravame avverso la sentenza di assoluzione dell'imputato, senza alcuna restrizione, ai soli effetti civili. Tale impugnazione, qualificata come appello, deve essere rimessa al giudice competente per il giudizio di secondo grado, in applicazione del principio dell'obbligatorietà del giudizio unitario su tutte le impugnazioni avverso la stessa sentenza, sancito dall'art. 580 c.p.p. Ciò vale anche per il ricorso proposto dal pubblico ministero, che deve essere convertito in appello. Il giudice di legittimità, pertanto, non può conoscere del merito della controversia, essendo precluso il ricorso per saltum, salvo che le doglianze svolte dalla parte civile non si estendano alla critica della motivazione della sentenza, collocandosi nell'ambito di operatività dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., con conseguente conversione del gravame in appello ai sensi dell'art. 569, comma 3, c.p.p.