Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 5200 del 20 maggio 1993

ECLI:IT:CASS:1993:5200PEN

Massima

Massima ufficiale
E` manifestamente infondata la questione di legittimita` costituzionale degli artt. 245 e 248 D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 e dell`art. 599 cod.  proc. pen. sollevata sul rilievo che tali norme, nella parte in cui non prevedono che nel procedimento penale pendente in fase successiva al primo grado alla data di entrata in vigore del nuovo codice di rito l`imputato abbia la facolta` di chiedere per la prima volta in appello l`applicazione della pena su richiesta ex art. 444 cod. proc. pen., violerebbero gli artt. 3, 24, 25, 76 e 97 Cost.. Invero il fatto che il processo sia caduto, tra il primo ed il secondo grado, a cavallo tra la vecchia e la nuova disciplina non puo` costituire "diversita` di trattamento" essendo tale evento connaturale al principio generale, costituzionalmente recepito (artt. 25 e 73 Cost.), della successione delle leggi processuali nel tempo. Non sussiste dunque il dedotto contrasto con l`art. 3 ne` con gli altri articoli della Costituzione suindicati, posto che la normativa in questione e` operativa in modo identico nei confronti di tutti coloro che si trovino nelle medesime condizioni temporali e nelle stesse fasi processuali, mentre, d`altro canto, come ritenuto dalla stessa Corte Costituzionale, e` del tutto razionale che, per i procedimenti gia` in corso all`entrata in vigore del nuovo codice, l`istituto in questione e quello del giudizio abbreviato siano stati resi applicabili soltanto quando il loro scopo possa essere interamente perseguito. (V.  Corte Cost. 5 luglio 1990 n. 320); (V. Corte Cost. 27 settembre 1990 n. 413).    da vedere: Sen 08/03/1991 3016 sez 6 Pen Sen 11/04/1990 5335 sez 6 Pen

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