Il Consiglio di Stato, nell'esercizio della propria potestà conformativa del territorio, può legittimamente prevedere, nell'ambito della pianificazione urbanistica, istituti perequativi quali la cessione di aree e il contributo straordinario, in quanto tali previsioni rientrano nell'ampia discrezionalità riconosciuta all'Amministrazione nell'esercizio del potere di pianificazione, senza integrare una sottrazione forzosa di edificabilità ai suoli privati né un'imposizione patrimoniale in difetto di espressa previsione di legge. Tali istituti perequativi, infatti, si fondano sulla potestà conformativa del territorio e sulla possibilità di ricorrere a modelli privatistici e consensuali per il perseguimento di finalità di pubblico interesse, senza incidere direttamente e immediatamente sullo statuto della proprietà privata. La predeterminazione autoritativa, a livello delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore, dei contenuti essenziali degli accordi che l'Amministrazione e i privati andranno a concludere per l'applicazione di tali istituti perequativi, non ne inficia la natura facoltativa e consensuale, in quanto tale predeterminazione è coerente con l'interesse pubblico al cui perseguimento gli accordi medesimi sono finalizzati, in particolare l'esigenza di garantire la parità di trattamento tra i proprietari di suoli soggetti alla medesima disciplina urbanistica. Pertanto, la legittimità di tali istituti perequativi non richiede una specifica e puntuale copertura legislativa, essendo sufficiente il riferimento ai principi generali in materia di potestà pianificatoria e di ricorso a strumenti negoziali per il perseguimento di finalità di interesse pubblico, nel rispetto dei limiti posti dalla legislazione statale in materia di governo del territorio.