Il pericolo di reiterazione del reato, quale esigenza cautelare che giustifica il mantenimento della custodia in carcere, non può essere escluso dal solo decorso di un pur lungo periodo di carcerazione, in assenza di elementi concreti e specifici che dimostrino l'attenuazione della pericolosità sociale dell'indagato. Ciò anche in presenza di una pregressa sottoposizione a misura cautelare meno afflittiva, come gli arresti domiciliari, durante la quale l'indagato abbia comunque continuato a delinquere, mantenendo contatti con la criminalità organizzata di riferimento e dimostrando la persistenza della sua capacità a delinquere. In tali casi, la valutazione prognostica negativa circa il concreto pericolo di reiterazione del reato, fondata su elementi di assoluta concretezza e non su meri automatismi o presunzioni, legittima il mantenimento della custodia cautelare in carcere, quale misura ritenuta proporzionata ed adeguata in relazione alla gravità del fatto e alla pericolosità sociale dell'indagato, anche quando questi venga sottoposto a una misura cautelare meno afflittiva in una diversa regione rispetto a quella di commissione del reato, non essendo sufficiente tale spostamento a escludere il pericolo di mantenimento di contatti con la criminalità organizzata locale o di instaurarne di nuovi.