Il diritto di cronaca giornalistica, pur essendo un diritto costituzionalmente garantito, trova il suo limite nel rispetto della reputazione altrui. Pertanto, il giornalista che, nel riferire notizie di pubblico interesse, diffonda informazioni lesive della reputazione di terzi, può essere ritenuto responsabile del reato di diffamazione, a meno che non dimostri la verità sostanziale dei fatti narrati e la continenza espositiva, nonché l'assenza di intenti diffamatori. Tuttavia, qualora la persona offesa rimetta la querela, il reato si estingue e il giornalista e il direttore responsabile vanno esenti da ogni conseguenza penale, fermo restando l'obbligo di risarcire le spese processuali. Il diritto di cronaca, infatti, pur essendo un diritto fondamentale, non può prevalere incondizionatamente sul diritto alla reputazione, dovendo essere esercitato con diligenza e correttezza, nel rispetto dei limiti posti dall'ordinamento a tutela della dignità e dell'onore altrui. Solo in tal modo può realizzarsi un giusto bilanciamento tra la libertà di informazione e gli altri diritti costituzionalmente protetti.