Il reato di violenza privata si configura quando l'agente, con violenza o minaccia, costringe taluno a fare, tollerare od omettere qualcosa, a prescindere dall'esistenza di un fine particolare, essendo sufficiente il dolo generico. La prova del reato può fondarsi sulle dichiarazioni della persona offesa, anche in assenza del rinvenimento di specifici elementi materiali, purché sorrette da elementi di riscontro che ne confermino l'attendibilità. Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione della prova, la cui motivazione non è censurabile in sede di legittimità se logica e coerente, senza che sia necessaria la confutazione esplicita di ogni singola deduzione difensiva. Inoltre, il nesso causale tra la condotta di violenza privata e gli atti successivamente compiuti dalla vittima può essere desunto anche dalla persistenza di ulteriori condotte vessatorie dell'imputato nel periodo intermedio, idonee a mantenere lo stato di soggezione della persona offesa. Infine, il termine di prescrizione del reato di violenza privata decorre dalla data dell'ultimo episodio di violenza, non dalla sottoscrizione di atti o documenti conseguenti alla condotta costrittiva.