Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.) si configura quando l'uso sistematico della violenza fisica e verbale, nonché le condotte di umiliazione e svalutazione della personalità dei minori, superano il limite di un normale, pur rigoroso, metodo educativo, ledendo gravemente la personalità delle vittime e inducendole in uno stato di soggezione e mortificazione. Tali condotte, per la loro pervasività e per le conseguenze indotte in termini di sofferenza morale, esulano dal contesto educativo e correzionale, configurando il più grave delitto di maltrattamenti, anziché il reato di abuso dei mezzi di correzione (art. 571 c.p.). Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione della gravità della condotta e nella determinazione della pena, essendo sufficiente una motivazione sintetica che indichi le ragioni della quantificazione della pena base e dell'aumento per continuazione. Tuttavia, il beneficio della non menzione della condanna, se richiesto, deve essere adeguatamente motivato dal giudice, pena l'annullamento della sentenza limitatamente a tale aspetto.