Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 23257 del 13 giugno 2012

ECLI:IT:CASS:2012:23257PEN

Massima

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Il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) sussiste anche quando la condotta aggressiva e minacciosa dell'agente, pur non avendo impedito il compimento dell'atto da parte del pubblico ufficiale, sia stata idonea a creare un pericolo per l'incolumità fisica degli operanti e a determinare una coartazione psicologica, essendo irrilevante che l'azione oppositiva non abbia prodotto i risultati sperati dall'agente. La diversa qualificazione giuridica del fatto, da reato di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 c.p.) a reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), non comporta una mutazione del fatto storico, ma solo una diversa valutazione giuridica della condotta, essendo entrambe le fattispecie reati a dolo specifico in cui l'elemento soggettivo va accertato sulla base dello sviluppo dell'azione, senza che ciò pregiudichi le possibilità di difesa dell'imputato.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SERPICO Francesco - Presidente

Dott. ROTUNDO Vincenzo - Consigliere

Dott. PAOLONI Giacomo - Consigliere

Dott. PETRUZZELLIS Anna - rel. Consigliere

Dott. DI SALVO Emanuele - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 26/05/2010 della Corte d'appello di Napoli;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere ((omissis));

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale MONTAGNA Alfredo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. La difesa d…

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