Il provvedimento di rimozione dal servizio di un pubblico dipendente può essere impugnato dinanzi al giudice amministrativo, il quale è tenuto a verificare la legittimità dell'atto sotto il profilo della violazione di legge ed eccesso di potere. Tuttavia, il venir meno dell'interesse del ricorrente alla decisione del ricorso, sopravvenuto nel corso del giudizio, comporta la declaratoria di improcedibilità dello stesso, con conseguente compensazione delle spese di giudizio. Il giudice amministrativo, in tali casi, non entra nel merito della legittimità del provvedimento impugnato, ma si limita a prendere atto del difetto di interesse del ricorrente, pronunciando l'improcedibilità del ricorso. Tale principio trova applicazione ogni qualvolta il ricorrente perda l'interesse originario alla decisione della controversia, indipendentemente dalla natura del provvedimento impugnato e dalla posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio. La declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente rappresenta, pertanto, una pronuncia di rito che non entra nel merito della legittimità dell'atto amministrativo impugnato, ma si limita a prendere atto dell'intervenuta carenza di interesse del ricorrente alla decisione della controversia.