Il difensore di parte, pur essendo legittimato a compiere atti processuali nell'interesse del proprio assistito, non è mai passivamente legittimato, a titolo personale, all'azione per danni da espressioni offensive contenute negli atti del processo, la quale può essere proposta soltanto nei confronti della parte rappresentata. Infatti, ai sensi dell'art. 89 c.p.c., delle offese contenute negli scritti difensivi risponde sempre e solo la parte, anche quando provengano dal difensore, in quanto gli atti di quest'ultimo sono sempre riferibili alla parte e la sentenza può contenere statuizioni dirette soltanto nei confronti della parte in causa. Il difensore può essere ritenuto personalmente responsabile per le espressioni offensive solo in un distinto giudizio, ove sia prospettata una sua specifica responsabilità o non sia più possibile agire ai sensi dell'art. 89 c.p.c. per lo stadio processuale in cui la condotta offensiva ha avuto luogo. Pertanto, il giudice non può condannare il difensore al risarcimento dei danni per le espressioni offensive contenute negli atti del processo in cui egli è intervenuto, essendo tale condanna ammissibile soltanto nei confronti della parte rappresentata.