La distanza minima tra edifici confinanti, prevista dalla normativa urbanistica locale, deve essere pari all'altezza dell'edificio più alto, al fine di garantire adeguati spazi di rispetto e di areazione tra le costruzioni, a tutela della sicurezza, della salubrità e del decoro urbano. Il mancato rispetto di tale prescrizione, accertato in sede istruttoria, comporta il legittimo diniego del permesso di costruire in sanatoria, non potendo il privato dimostrare l'insussistenza della violazione delle distanze legali. Il principio di diritto trova applicazione ogniqualvolta l'intervento edilizio, anche se realizzato in sanatoria, non rispetti le distanze minime tra edifici confinanti stabilite dalla strumentazione urbanistica comunale, a prescindere dalla tipologia e dalle dimensioni delle opere eseguite, in quanto tali prescrizioni rispondono a preminenti esigenze di ordine pubblico e di tutela dell'ambiente costruito. L'amministrazione comunale, pertanto, è tenuta a negare il permesso di costruire in sanatoria laddove accerti il mancato rispetto delle distanze legali, senza che possano rilevare eventuali considerazioni di carattere soggettivo o valutazioni discrezionali in ordine all'impatto dell'intervento, essendo il rispetto di tali parametri urbanistici un requisito oggettivo e inderogabile per il rilascio del titolo abilitativo.