Il diniego di rilascio del visto di ingresso per lavoro subordinato è legittimo qualora il richiedente non dimostri conoscenza dell'attività lavorativa che sarà chiamato a svolgere in Italia e la sottoscrizione di un contratto di lavoro, in quanto tali elementi sono indicativi di un "rischio migratorio" e della probabile fittizietà del rapporto di lavoro, in violazione degli obblighi internazionali assunti dall'Italia nei confronti degli altri Stati dello Spazio Schengen in merito all'esame rigoroso delle domande di visto. L'Amministrazione consolare ha il potere di verificare i presupposti di cui all'art. 5 del D.P.R. n. 394/1999, tra cui il luogo di destinazione, il motivo e la durata del soggiorno, e il richiedente ha l'onere di fornire prova delle condizioni che giustificano le finalità del viaggio e, ove necessario, dei presupposti per il rientro nel Paese di origine. La mancata conoscenza da parte del lavoratore di circostanze fondamentali del futuro rapporto d'impiego, non sanata da altri documenti, legittima il diniego del visto, in quanto indicativa della sussistenza di seri dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni.