Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, un quesito di diritto che sia conclusivo rispetto all'illustrazione del motivo, ossia che evidenzi in modo sintetico e pertinente il punto della decisione impugnata oggetto della critica, le ragioni di decisività del vizio dedotto e il nesso logico-giuridico tra il motivo e il quesito. Un quesito meramente astratto, privo di riferimenti specifici alla vicenda processuale e alla motivazione della sentenza, non assolve a tale funzione e determina l'inammissibilità del motivo di ricorso. Ciò in quanto l'articolo 366-bis c.p.c. (ora abrogato ma ultrattivo per i ricorsi proposti prima del 4 luglio 2009) imponeva una formulazione del quesito idonea a evidenziarne la pertinenza e la conclusività rispetto all'illustrazione del motivo, in conformità al principio di effettività dell'accesso alla Corte di Cassazione e alla sua funzione nomofilattica. L'interpretazione di tale requisito formale del ricorso deve inoltre rispettare la voluntas legis di preservarne l'efficacia regolatrice per le fattispecie anteriori all'abrogazione, anche ove l'abrogazione sia stata motivata dall'esegesi giurisprudenziale della norma.