Il possesso dei requisiti morali di cui all'art. 120, comma 1, del Codice della Strada, prescritti per il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida, costituisce una questione di diritto soggettivo perfetto, la cui cognizione spetta alla giurisdizione del giudice ordinario e non a quella del giudice amministrativo. Infatti, i provvedimenti adottati ai sensi di tale disposizione incidono su diritti soggettivi non degradabili ad interessi legittimi, in quanto la loro adozione non comporta l'esercizio di alcuna discrezionalità amministrativa, ma si limita a riscontrare il mero verificarsi dei presupposti normativamente previsti. Pertanto, il diniego di rilascio della patente di guida o la revoca della stessa, emessi ai sensi dell'art. 120 del Codice della Strada, non rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo, ma in quella del giudice ordinario, in quanto tali provvedimenti incidono su una posizione giuridica soggettiva perfetta del richiedente o del titolare della patente, senza alcun margine di discrezionalità da parte dell'amministrazione. La giurisprudenza è ormai consolidata nel riconoscere la natura di diritto soggettivo perfetto della posizione giuridica del richiedente o del titolare della patente di guida, in relazione al possesso dei requisiti morali di cui all'art. 120 del Codice della Strada, con la conseguente attribuzione della relativa cognizione al giudice ordinario.