La pianificazione urbanistica comunale gode di un elevato grado di discrezionalità, per cui l'amministrazione non è tenuta a fornire una specifica motivazione sulle scelte di destinazione d'uso delle aree, salvo i casi in cui si verifichino: a) il superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968, b) la lesione di un affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato o aspettative nascenti da giudicati, c) la modifica in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo. In assenza di tali circostanze, la scelta di destinazione urbanistica rientra nella discrezionalità della pubblica amministrazione, che deve solo rispettare i principi di ragionevolezza e coerenza complessiva del piano regolatore, senza essere tenuta a una specifica motivazione per ogni singola area. Inoltre, eventuali irregolarità procedurali, come la riduzione del termine di pubblicazione del piano, non incidono sulla legittimità sostanziale dell'atto, se non hanno impedito al privato di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.