Il silenzio-rifiuto formatosi sulla domanda di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 può essere impugnato dinanzi al giudice amministrativo, il quale, in assenza di costituzione della parte pubblica, è tenuto a dichiarare l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse qualora le parti abbiano raggiunto un accordo procedimentale che preveda l'abbandono del giudizio con compensazione delle spese di lite. In tali casi, il giudice non può entrare nel merito della legittimità del silenzio-rifiuto, essendo precluso ogni ulteriore accertamento sulla fondatezza della domanda di sanatoria edilizia, dovendo limitarsi a prendere atto dell'intervenuta definizione stragiudiziale della controversia. Il principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo impongono, infatti, che il giudice amministrativo dichiari l'improcedibilità del ricorso, senza pronunciarsi sul merito, quando le parti abbiano raggiunto un accordo che ponga fine al contenzioso, essendo venuto meno l'interesse alla decisione giurisdizionale. Tale soluzione, oltre a garantire l'effettività della tutela giurisdizionale, consente di evitare un inutile dispendio di attività processuale, in linea con i principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost. Pertanto, il giudice amministrativo, in presenza di un accordo transattivo che ponga fine al contenzioso, non può entrare nel merito della legittimità del silenzio-rifiuto opposto dall'amministrazione sulla domanda di sanatoria edilizia, dovendo limitarsi a dichiarare l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.