Il ricorso giurisdizionale è inammissibile quando verte sul medesimo petitum e causa petendi di un precedente giudizio pendente, in applicazione del principio del ne bis in idem e di litispendenza, salvo che non sia stato emesso un nuovo atto amministrativo immune da vizi del precedente e destinato a sostituirlo. In tali casi, il giudice è tenuto a dichiarare l'inammissibilità del ricorso, compensando le spese di lite in ragione della particolare complessità della questione e della novità della fattispecie. Il principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo impone, infatti, di evitare la duplicazione di giudizi aventi ad oggetto la medesima controversia, salvo il caso in cui sia intervenuto un nuovo provvedimento amministrativo che abbia modificato la situazione giuridica sottostante. La declaratoria di inammissibilità del ricorso, pertanto, si fonda sull'esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici e di evitare il formarsi di giudicati contrastanti, assicurando altresì l'efficienza e la speditezza dell'azione amministrativa. Tale principio, di derivazione giurisprudenziale, trova applicazione anche nel processo amministrativo in virtù del rinvio esterno operato dall'art. 39 del Codice del processo amministrativo alle norme del codice di procedura civile.