Cassazione penale Sez. V sentenza n. 44853 del 9 novembre 2015

ECLI:IT:CASS:2015:44853PEN

Massima

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Il giudice, nell'esaminare il reato di diffamazione, deve valutare se le espressioni utilizzate, pur potendo risultare offensive, integrino effettivamente gli estremi dell'ingiuria, tenendo conto del contesto in cui sono state pronunciate e del loro significato tecnico-professionale. Laddove il giudice ritenga che le espressioni, seppur critiche, non abbiano una valenza denigratoria gratuita, ma siano riconducibili a un giudizio di merito sulla prestazione professionale, non può configurarsi il reato di diffamazione, in quanto la libertà di critica, anche aspra, rientra nell'ambito del legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica. Il giudice, pertanto, deve operare un bilanciamento tra il diritto alla reputazione e il diritto di critica, escludendo la configurabilità del reato di diffamazione quando le espressioni utilizzate, pur potendo risultare offensive, siano comunque riconducibili a un giudizio di merito sulla prestazione professionale e non integrino una gratuita denigrazione della persona.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMO Maurizio - Presidente

Dott. BRUNO Paolo A. - rel. Consigliere

Dott. PEZZULLO Rosa - Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio - Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Perugia;
avverso la sentenza del Giudice di pace di Spoleto del 9 ottobre 2013 nel procedimento penale a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. CEDRANGOLO Oscar che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice di pace di Spoleto as…

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