Il possesso di una carta di identità falsa valida per l'espatrio, intestata a persona diversa dall'imputato, integra il reato di cui all'art. 497-bis, comma 1, c.p., anche qualora il giudice di primo grado abbia ritenuto che il fatto non costituisse reato. La Corte di Cassazione, in riforma della sentenza assolutoria, può condannare l'imputato, ritenendolo responsabile del reato contestato, in quanto la mancata notifica dell'atto di impugnazione del Pubblico Ministero all'imputato non determina l'inammissibilità dell'appello né la nullità del processo di secondo grado, incidendo solo sulla decorrenza del termine per l'eventuale impugnazione incidentale, che tuttavia l'imputato non aveva interesse a proporre avendo ottenuto l'assoluzione in primo grado. La motivazione della sentenza di condanna, che si discosta da quella assolutoria di primo grado, deve essere logica e congruente, senza che il ricorrente possa limitarsi a lamentare genericamente la mancanza e illogicità della motivazione senza confrontarsi con il contenuto della stessa.