Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La responsabilità penale per il reato di bancarotta patrimoniale fraudolenta può essere affermata sulla base di una valutazione unitaria e complessiva degli elementi di prova, senza che sia necessaria la dimostrazione puntuale della provenienza delle singole somme distratte dal patrimonio della società fallita. Infatti, la condotta distrattiva può configurarsi come un'attività di spoliazione del patrimonio sociale, realizzata attraverso plurime operazioni, anche non temporalmente coincidenti, che nel loro insieme integrano l'ipotesi delittuosa contestata. Pertanto, la motivazione della sentenza di condanna è immune da vizi logici o giuridici quando, valorizzando le dichiarazioni dei coimputati, la documentazione bancaria e contabile, nonché gli altri elementi probatori acquisiti, perviene in modo coerente e congruo all'accertamento della responsabilità dell'imputato, senza che assuma rilievo decisivo la mancata dimostrazione della provenienza di singole somme dal patrimonio della società fallita. Inoltre, la determinazione della pena, nel rispetto dei criteri di cui all'art. 133 c.p., può legittimamente fondarsi sulla gravità oggettiva del fatto, sull'entità del passivo e sull'intensità del dolo, senza che sia necessaria una puntuale quantificazione del danno patrimoniale cagionato.