L'acquisizione al patrimonio comunale di un immobile abusivo, ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, costituisce un provvedimento sanzionatorio di natura acquisitiva che si perfeziona automaticamente qualora il responsabile dell'abuso non provveda alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi entro il termine di novanta giorni dall'ingiunzione. Tale provvedimento, una volta adottato e trascritto nei registri immobiliari, diviene inoppugnabile e non può essere rimesso in discussione attraverso una mera istanza di parte volta a sollecitare l'esercizio di poteri di autotutela da parte dell'amministrazione, in assenza di un obbligo giuridico di provvedere. Pertanto, il silenzio serbato dall'amministrazione comunale sulla richiesta di revoca dell'acquisizione non configura un'ipotesi di silenzio-inadempimento, in quanto l'amministrazione non è tenuta a riesaminare una propria precedente determinazione divenuta definitiva. L'esercizio dei poteri di autotutela, infatti, è rimesso alla valutazione discrezionale dell'amministrazione, la quale non ha alcun obbligo di attivarsi a fronte di una mera istanza del privato, specie quando questa investa una situazione già definita con provvedimento inoppugnabile.