La revoca dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) di un impianto di trattamento di acque reflue ed industriali, disposta a seguito di una diffida per presunte violazioni delle prescrizioni autorizzative e per il mancato adeguamento alle prescrizioni impartite, è illegittima qualora risulti che la società abbia sostanzialmente adempiuto a quanto intimato nella diffida, non sussistendo pertanto i presupposti per l'adozione di una misura così grave come la revoca definitiva dell'AIA. Infatti, la revoca dell'AIA, in quanto atto di secondo grado conseguente alla diffida, partecipa dei vizi di illegittimità che inficiano la legittimità della diffida stessa, in particolare per violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. Inoltre, la revoca dell'AIA, determinando la definitiva cessazione dell'attività, risulta sproporzionata rispetto all'entità dell'inadempimento contestato, in violazione del principio di proporzionalità. Pertanto, l'autorità competente, nell'adottare provvedimenti sanzionatori o inibitori nei confronti del titolare di un'AIA, è tenuta a rispettare il giusto procedimento, garantendo la partecipazione dell'interessato, a svolgere un'adeguata istruttoria e a valutare con rigore la proporzionalità della misura rispetto all'entità della violazione accertata, al fine di evitare l'adozione di provvedimenti eccessivamente gravosi, come la revoca definitiva dell'AIA, in assenza di presupposti che la giustifichino.