Il diritto di libertà religiosa, tutelato dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, non può essere limitato ai soli culti ammessi o tollerati dallo Stato, ma comprende anche la libertà di professare fedi religiose non riconosciute ufficialmente, senza subire intimidazioni, costrizioni o persecuzioni da parte delle autorità statali. La mera qualificazione di un'associazione religiosa come "segreta" o "vietata" non è di per sé sufficiente a giustificare un regime giuridico repressivo e lesivo della libertà di religione, essendo necessario valutare la natura, le ragioni e la proporzionalità dell'ingerenza statale alla luce dell'intero ordinamento giuridico del Paese di origine e del suo fondamento democratico o antidemocratico. Il riconoscimento della protezione sussidiaria non può essere escluso sulla base della sola segretezza o illegalità dell'associazione religiosa, senza aver previamente accertato in concreto l'esistenza di un rischio effettivo per l'incolumità fisica del richiedente, come la possibilità di essere sottoposto a tortura, pene o trattamenti inumani o degradanti in caso di rimpatrio nel Paese di origine.