La pericolosità sociale del condannato, quale presupposto per l'applicazione di una misura di sicurezza personale, deve essere accertata dal giudice sulla base di una valutazione globale e attuale degli indici di cui all'art. 133 c.p., considerando non solo la gravità dei reati commessi in passato, ma anche il comportamento tenuto dal soggetto durante e dopo l'espiazione della pena, nonché ogni altro elemento idoneo a fornire un quadro completo e aggiornato della sua personalità e della concreta possibilità di recidiva. Tale valutazione non può fondarsi esclusivamente su dati risalenti nel tempo o su meri comportamenti verbali, in assenza di elementi che dimostrino l'effettiva incidenza di questi ultimi sui processi cognitivi e volitivi del condannato, tale da rendere necessario un intervento terapeutico. Ove il giudice ritenga insufficienti gli elementi acquisiti per formulare un giudizio prognostico favorevole, è tenuto a motivare in modo esaustivo e logico le ragioni per le quali ritiene perdurante la pericolosità sociale del soggetto, senza poter prescrivere misure accessorie prive di adeguato fondamento.