Il diritto di cronaca, pur riconoscendo ai giornalisti ampia libertà di informazione, non legittima la diffusione di notizie false o gravemente distorte, anche se riguardanti fatti di interesse pubblico, quando ciò avvenga con modalità tali da ledere ingiustamente la reputazione e l'onore della persona coinvolta. Pertanto, la pubblicazione di articoli che, pur prendendo spunto da un procedimento penale a carico di un pubblico ufficiale, riportino in modo inesatto e fuorviante la notizia di un mandato di cattura per associazione mafiosa, senza alcun riscontro oggettivo, integra gli estremi della diffamazione, non essendo sufficiente a escludere la responsabilità civile il mero richiamo formale all'esigenza di informare l'opinione pubblica su vicende di interesse generale. Il giudice, nel valutare la legittimità dell'esercizio del diritto di cronaca, deve operare un bilanciamento tra il diritto all'informazione e il diritto alla reputazione della persona offesa, tenendo conto della rilevanza pubblica della notizia, della sua verità sostanziale, della continenza espressiva utilizzata e dell'assenza di intenti diffamatori. Ove tale bilanciamento risulti violato, il giornalista e l'editore sono tenuti a risarcire il danno cagionato alla vittima della diffamazione.