Il Comune, nell'esercizio della propria discrezionalità amministrativa, può stabilire criteri per il rilascio di autorizzazioni per l'apertura di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, prevedendo limitazioni numeriche fondate su ragioni di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità, purché tali limitazioni non siano sproporzionate o discriminatorie e siano adeguatamente motivate. Tuttavia, il Comune non può rifiutare il rilascio di nuove autorizzazioni sulla base di una mera valutazione di adeguatezza dell'offerta esistente, senza una puntuale analisi della domanda e dell'impatto che l'apertura di nuovi esercizi avrebbe sul territorio. La normativa comunitaria, recepita nell'ordinamento italiano, impone infatti di superare il criterio della programmazione numerica delle aperture, privilegiando un approccio basato sulla valutazione degli effetti concreti delle nuove attività, in modo da garantire la libertà di stabilimento e di concorrenza. Pertanto, il diniego di una nuova autorizzazione fondato esclusivamente sulla saturazione del mercato locale, senza adeguata motivazione, risulta illegittimo per violazione dei principi di proporzionalità e non discriminazione. Il Comune è tenuto a riesaminare la richiesta del privato, valutando l'impatto della nuova attività sulla base di parametri oggettivi e non discriminatori, nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale in materia di liberalizzazione delle attività economiche.