Il parere negativo della Soprintendenza, espresso ai sensi dell'art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, costituisce un atto autonomo e immediatamente impugnabile, in quanto valutazione definitiva e vincolante sulla compatibilità paesaggistica di un intervento edilizio, non più limitata al solo controllo di legittimità sull'autorizzazione comunale. La Soprintendenza, nell'esercizio della propria discrezionalità tecnica, può ritenere l'opera incompatibile con il contesto paesaggistico, anche in assenza di una specifica confutazione delle ragioni dell'autorizzazione comunale, purché la motivazione sia sorretta da un adeguato substrato logico e non risulti affetta da manifesta irragionevolezza o illogicità. In particolare, la Soprintendenza può valutare l'impatto negativo dell'intervento edilizio sulla percezione visiva del paesaggio tutelato, nonché la sua incidenza sulla vocazione agricola residuale dell'area, in quanto elementi rilevanti ai fini della tutela paesaggistica, senza che ciò si traduca in un divieto di edificabilità. Il giudice amministrativo, nel sindacare il parere soprintendentizio, non può sostituire la propria valutazione tecnica a quella dell'autorità competente, ma deve limitarsi a verificare che la stessa non sia affetta da vizi di manifesta irragionevolezza o illogicità.