Cassazione penale Sez. I sentenza n. 25323 del 13 giugno 2014

ECLI:IT:CASS:2014:25323PEN

Massima

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Il reato associativo di stampo mafioso e i singoli reati-fine, pur essendo espressione di un medesimo programma criminoso, non integrano necessariamente un vincolo di continuazione, in quanto la continuazione richiede la rappresentazione, fin dall'inizio, dei singoli episodi delittuosi, almeno nelle loro linee essenziali, e non può essere desunta dalla mera partecipazione all'associazione. Pertanto, il giudice dell'esecuzione, nel valutare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione della continuazione, deve compiere un'autonoma valutazione in concreto, tenendo conto della diversità strutturale e soggettiva dei reati, nonché dell'eventuale carattere estemporaneo o comunque non riconducibile a un disegno criminoso unitario di alcuni di essi, senza essere vincolato da precedenti pronunce di merito che abbiano riconosciuto la continuazione. Tale valutazione, se adeguatamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi logici o giuridici manifesti.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIORDANO Umberto - Presidente

Dott. CAVALLO Aldo - rel. Consigliere

Dott. CASSANO Margherita - Consigliere

Dott. LA POSTA Lucia - Consigliere

Dott. CASA Filippo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l'ordinanza n. 30/2012 CORTE APPELLO di CALTANISSETTA, del 06/11/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

lette le conclusioni del PG Dott. VOLPE Giuseppe il quale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Caltanissetta, decidendo quale giudice dell'esecuzione, con provvedimento del 6 novembre 2012 ha rigettato la richiesta presentata da (…

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