Cassazione penale Sez. V sentenza n. 21282 del 26 maggio 2014

ECLI:IT:CASS:2014:21282PEN

Massima

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Il diritto di critica del superiore gerarchico nei confronti del subordinato non può degenerare in un'ingiuria lesiva della dignità professionale di quest'ultimo, quando le espressioni utilizzate, pur censurandone il comportamento, attribuiscano al soggetto passivo intenzioni o qualità negative e spregevoli, anziché limitarsi a individuare gli aspetti censurabili della condotta. Pertanto, l'esimente dell'esercizio del diritto di critica non può essere riconosciuta quando l'espressione offensiva, pur pronunciata in un contesto di rapporti di lavoro, travalica i limiti della mera censura del comportamento per assumere i connotati dell'insulto e del disprezzo della persona. La valutazione della sussistenza o meno di tali presupposti rientra nel prudente apprezzamento del giudice di merito, la cui motivazione, se congrua e logica, non è sindacabile in sede di legittimità, salvo vizi di manifesta illogicità o irragionevolezza.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Presidente

Dott. DE BERARDINIS Silva - rel. Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria - Consigliere

Dott. ZAZA Carlo - Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 20/2012 TRIBUNALE di CATANIA, del 01/06/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/02/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE BERARDINIS;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. STABILE Carmine che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. (OMISSIS) che chiede accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

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