In tema di azione civile esercitata nel giudizio penale, il giudice di secondo grado, nel dichiarare l'avvenuta estinzione del reato per amnistia, esercitando il potere attribuitogli dall'art. 12 legge 3 agosto 1978, n. 405, non può automaticamente confermare le statuizioni sui capi civili, ma deve prendere in esame il contenuto del gravame e vagliare la responsabilità dell'imputato, valutando criticamente la decisione adottata in proposito dal primo giudice. Invero, al riguardo, la sentenza di primo grado, travolta dalla dichiarazione di improcedibilità, non è vincolante rispetto al giudice del gravame, non diversamente di quanto lo sia per il giudice civile, mentre l'applicazione della causa estintiva, con implicito rigetto della richiesta di formula ampia, non necessariamente coincide con la verifica della sussistenza di tutti i presupposti per la condanna ai danni. (Fattispecie di applicazione di amnistia a contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen. a seguito di appello su sentenza affermativa di penale responsabilità, con conferma della condanna al risarcimento dei danni. La corte ha ritenuto che il giudice del gravame avrebbe dovuto, pur nella incensurabilità della decisione sotto il profilo penalistico, approfondire l'indagine ai fini civilistici verificando la sussistenza, o meno, dei presupposti di liceità delle immissioni, secondo i criteri valutativi di cui all'art. 844 cod. CIV.).