Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'annullamento d'ufficio di un atto amministrativo, quale l'aggiudicazione definitiva di una gara d'appalto, può essere legittimamente disposto dalla stazione appaltante solo per vizi o illegittimità sussistenti al momento dell'adozione dell'atto, e non per fatti o circostanze sopravvenuti o di cui si sia venuti a conoscenza successivamente. Pertanto, la stazione appaltante non può annullare l'aggiudicazione definitiva in ragione di vicende relative all'esecuzione di precedenti contratti con altre amministrazioni, né per il sopravvenire di condanne penali o di provvedimenti di esclusione da altre procedure di gara, in quanto tali elementi, pur incidendo sull'affidabilità dell'operatore economico, non inficiano la legittimità dell'atto di aggiudicazione al momento della sua adozione. La valutazione della sussistenza dei requisiti di partecipazione e dell'affidabilità dell'impresa aggiudicataria rientra nella discrezionalità della stazione appaltante, sindacabile solo per manifesta illogicità o irrazionalità, non ravvisabili nel caso in cui la determinazione di annullamento sia adeguatamente motivata sulla base di una pluralità di elementi che denotano una scarsa affidabilità dell'impresa. Inoltre, l'obbligo dichiarativo previsto dall'art. 38, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 163/2006 deve essere valutato con riferimento alle sole condanne definitive e non anche a quelle per le quali sia intervenuta la declaratoria di estinzione del reato.