Il possesso e l'utilizzo di documenti falsi, anche se non materialmente rinvenuti in possesso dell'imputato o non impiegati in territorio italiano, integrano il reato di falsità documentale, essendo sufficiente la consapevolezza della falsità del documento esibito. L'affermazione di non essere a conoscenza della falsificazione o l'ipotesi di produzione del documento falso per un soggetto somigliante o un sosia costituiscono mere asserzioni prive di riscontro probatorio, non idonee a superare l'ampia e convincente motivazione della sentenza di condanna, fondata sull'accertamento della falsità del documento e della sua esibizione da parte dell'imputato. Il giudice di legittimità, nel dichiarare inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende, ravvisando profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.