La falsa attestazione della presenza in servizio, ai sensi dell'art. 55-quater, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165/2001, sussiste quando il dipendente pubblico, anche avvalendosi di terzi, pone in essere modalità fraudolente per far risultare il proprio orario di lavoro difforme dalla realtà, inducendo in errore l'amministrazione di appartenenza. Tale condotta, che integra un illecito disciplinare autonomo rispetto all'eventuale rilievo penale, è sanzionabile con il licenziamento anche in assenza della prova dell'effettiva assenza dal servizio, essendo sufficiente la dimostrazione della fraudolenta alterazione della presenza in ufficio. Ai fini della valutazione della responsabilità, il giudice può legittimamente fare ricorso a presunzioni semplici ex art. 2729 c.c., senza che ciò comporti un'inversione dell'onere della prova della giusta causa di licenziamento, gravante sul datore di lavoro. La contestazione disciplinare, pur non dovendo rispettare i rigidi canoni dell'accusa penale, deve comunque essere idonea a consentire all'incolpato l'esercizio del diritto di difesa, potendo pertanto avvenire anche per relationem, a condizione che gli atti richiamati siano già noti al dipendente.