Il reato di truffa aggravata ai danni della pubblica amministrazione, di cui all'art. 640, comma 2, n. 1, c.p. e all'art. 55-quinquies del d.lgs. n. 165/2001, si configura quando un pubblico dipendente, abusando della sua qualità e dei poteri connessi all'ufficio, realizza artifizi e raggiri idonei a indurre in errore l'amministrazione di appartenenza e a procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, con conseguente danno patrimoniale e di immagine per l'ente pubblico. Il giudice di merito, nel valutare la sussistenza di tale reato, deve esaminare attentamente tutti gli elementi di prova acquisiti, fornendo una motivazione congrua e logica che dia conto della consapevolezza e volontarietà della condotta illecita dell'imputato, senza che sia consentito alla Corte di Cassazione una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche, inoltre, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale può fondarla su un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, ritenuto prevalente, senza necessità di un'analitica disamina di tutti i possibili fattori attenuanti. Infine, la quantificazione del danno risarcibile in favore della parte civile e la valutazione circa la sussistenza dei "gravi motivi" per la sospensione dell'esecuzione della provvisionale sono rimesse alla discrezionalità del giudice di merito, la cui motivazione non è sindacabile in sede di legittimità se congrua e logica.