Il pubblico dipendente non ha diritto a voci retributive, di base o accessorie, che non siano previste dalla contrattazione collettiva, anche per incarichi ulteriori rispetto a quelli per i quali è stato assunto e inquadrato. Pertanto, l'amministrazione pubblica non è tenuta a riconoscere un compenso per l'espletamento di un incarico di esperto qualificato, inerente al rapporto di lavoro in essere, qualora tale compenso non sia previsto dalla contrattazione collettiva applicabile. La successiva attribuzione di un compenso per il medesimo incarico ad altro soggetto non dimostra che l'amministrazione fosse obbligata a riconoscerlo anche al dipendente che aveva rifiutato di svolgerlo a titolo gratuito, in quanto ciò può al più configurare una responsabilità di natura erariale in capo all'ente, ma non integra una violazione del principio di correttezza e buona fede nei confronti del dipendente. Il giudice di merito, nel valutare la prova, gode di ampia discrezionalità nella selezione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza che ciò possa essere censurato in sede di legittimità, salvo vizi logici o contraddittorietà espresse.