Il diniego di rilascio della patente di guida per insussistenza dei requisiti morali di cui all'art. 120, comma 1, del Codice della Strada, nei confronti di persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. n. 309/1990, costituisce un provvedimento amministrativo vincolato, sia nel presupposto che nel contenuto, che non incide su alcuna aspettativa consolidata dell'interessato, ma riflette una condizione ostativa che opera a monte del conseguimento del titolo abilitativo. Tale diniego non viola i principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., in quanto la diversa gravità del reato commesso e la condotta successiva alla condanna assumono rilievo determinante ai fini del possibile conseguimento di un provvedimento riabilitativo che restituisce al condannato il diritto a richiedere la patente di guida. Inoltre, non ricorre la contraddizione tra obbligatorietà del provvedimento amministrativo e facoltatività della parallela misura adottabile dal giudice penale, che ha invece assunto decisivo rilievo in tema di revoca della patente. Pertanto, la controversia relativa al diniego di rilascio della patente di guida per insussistenza dei requisiti morali rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la posizione soggettiva del privato assume la consistenza di diritto soggettivo e non di interesse legittimo.