Cassazione penale Sez. V sentenza n. 22467 del 22 maggio 2019

ECLI:IT:CASS:2019:22467PEN

Massima

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Il reato di minaccia richiede che l'agente prospetti in modo chiaro, esplicito e inequivocabile un male ingiusto, idoneo a ingenerare timore nella persona offesa, la cui verificazione sia nella disponibilità del soggetto attivo. Pertanto, espressioni generiche, formulate in modo condizionale e prive di riferimenti concreti a un male determinato, non integrano il delitto di minaccia, dovendo il giudice valutare la portata intimidatoria della condotta in relazione al tenore delle espressioni verbali utilizzate, alla qualità dei soggetti coinvolti e al contesto complessivo in cui si sono svolti i fatti. Inoltre, perché si configuri il reato di minaccia, è necessario che il male prospettato dipenda dalla volontà di chi lo prospetta, essendo sufficiente la sola rappresentazione di tale male nella psiche della persona offesa, a prescindere dalla sua effettiva verificazione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo - Presidente

Dott. MICCOLI Grazia - rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere

Dott. MOROSINI Elisabetta M. - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/01/2018 del TRIBUNALE di GROSSETO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GRAZIA MICCOLI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. MIGNOLO OLGA che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio perche' il fatto non sussiste.
Il difensore di parte civile, avv. (OMISSIS), si riporta alle conclusioni che deposita unitamente a…

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