Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di furti in abitazione è configurabile quando vi sia la prova di una struttura organizzata, dotata di una base logistica e di adeguata strumentazione, con una puntuale ripartizione dei ruoli tra i sodali in funzione della pianificata commissione di molteplici reati contro il patrimonio. La partecipazione a tale associazione criminosa comporta la responsabilità concorsuale di ciascun membro per tutti i reati-fine commessi, anche in assenza di elementi probatori della sua diretta partecipazione a singoli episodi delittuosi, purché risulti la sua effettiva adesione al programma criminoso comune. La confisca dei beni di valore sproporzionato rispetto alle capacità reddituali degli imputati, in mancanza di giustificazione della loro lecita provenienza e a fronte della prova della loro abituale e sistematica dedizione alla commissione di reati, è legittima ai sensi del D.L. n. 306/1992, art. 12-sexies. La riqualificazione giuridica di taluni fatti, inizialmente configurati come ricettazione, in fattispecie concorsuale di furto pluriaggravato, è consentita quando manchi la prova della partecipazione diretta dell'imputato ai singoli episodi delittuosi, nonostante il suo coinvolgimento nell'organizzazione criminosa. La presenza della refurtiva presso l'imputato, in assenza di prova della sua consapevolezza, è sufficiente per configurare il reato di ricettazione, essendo irrilevanti le dichiarazioni liberatorie di terzi.