Il provvedimento di confisca dei beni sottoposti a sequestro preventivo, disposto all'esito di un processo penale conclusosi con sentenza di condanna, non può essere revocato o annullato per il solo fatto che l'avente diritto alla restituzione non abbia provveduto al ritiro dei beni entro un determinato lasso di tempo, dovendosi in tal caso applicare la disciplina prevista dall'art. 154, comma 2, del D.P.R. n. 115/2002, che prevede la devoluzione dei valori non ritirati alla cassa delle ammende. Ciò in quanto il giudicato penale, che ha accertato la provenienza delittuosa dei beni, preclude la loro restituzione all'imputato condannato, il quale non può vantare alcun titolo per ottenerli, neppure in via indiretta attraverso la richiesta di terzi interessati alla loro ricostruzione patrimoniale. Il principio di intangibilità del giudicato penale, unitamente all'esigenza di evitare indebite restituzioni di beni di provenienza illecita, impongono pertanto di dare applicazione alla disciplina dettata dal citato art. 154, comma 2, del D.P.R. n. 115/2002, senza che possano rilevare eventuali ritardi o inerzie dell'avente diritto nel provvedere al ritiro dei beni confiscati.