Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La misura cautelare della custodia in carcere può essere legittimamente applicata anche quando la pena concretamente irrogabile per il reato contestato, considerato unitariamente con altri reati connessi, non superi i tre anni di reclusione. Ciò in quanto il giudizio prognostico del giudice cautelare deve riguardare esclusivamente l'entità della pena irrogabile per il reato per cui si procede, senza estendersi all'incidenza di eventuali aumenti di pena per il vincolo della continuazione, che può essere valutata solo in sede esecutiva. Inoltre, la misura più afflittiva può essere disposta ai sensi dell'art. 275, comma 3, c.p.p. anche a prescindere dai limiti di pena previsti dal comma 2-bis della medesima norma, qualora il giudice ritenga le altre misure meno gravi inidonee a soddisfare le esigenze cautelari, in ragione della gravità del fatto, dei collegamenti esteri dell'indagato, della sua inserimento in un gruppo criminale particolarmente abile e pericoloso, nonché della sua mancanza di radicamento sociale e lavorativo in Italia e della concreta possibilità di fuga all'estero.