Il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, adottato dal giudice di merito, è appellabile ai sensi dell'art. 310 c.p.p. e non è impugnabile con ricorso per cassazione per violazione di legge ai sensi dell'art. 311 c.p.p., comma 2, in quanto tale rimedio è previsto soltanto per le ordinanze genetiche della misura cautelare o per i provvedimenti inerenti allo "status libertatis" non altrimenti impugnabili. Ciò in quanto la disciplina delle impugnazioni delle misure cautelari personali, contenuta negli artt. 309 e 310 c.p.p., costituisce un sistema chiuso e autosufficiente, che non ammette deroghe o integrazioni, essendo finalizzato a garantire la pienezza del controllo giurisdizionale sulla legittimità e fondatezza della privazione della libertà personale. Pertanto, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto avverso i provvedimenti che incidono direttamente sulla libertà personale, mentre per le successive vicende modificative o estintive della misura cautelare è previsto il rimedio dell'appello, in ossequio al principio di tassatività delle impugnazioni. Tale interpretazione, fondata sulla ratio e sulla struttura del sistema cautelare, assicura il rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, garantendo al contempo la speditezza e l'effettività del controllo giurisdizionale sulla legittimità della limitazione della libertà personale.