Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La capacità di intendere e di volere dell'imputato al momento del fatto, pur contestata dalla difesa, deve ritenersi pienamente sussistente qualora la motivazione della sentenza impugnata illustri in modo esaustivo e logicamente coerente le ragioni per cui le conclusioni dei periti nominati in primo e secondo grado, che hanno escluso l'incidenza di patologie psichiche sulla capacità di autodeterminarsi dell'imputato, prevalgono sulle diverse valutazioni dei consulenti di parte, le quali risultino prive di adeguato riscontro scientifico e di coerenza interna. A tal fine, la sentenza deve dare conto in modo dettagliato e argomentato del percorso logico seguito dai perizi per giungere alle loro conclusioni, confutando puntualmente le deduzioni difensive e valorizzando, ove presenti, elementi comportamentali e clinici ulteriori a conferma dell'imputabilità dell'imputato. La mera genericità e la natura meramente confutativa delle censure proposte con il ricorso per cassazione, che non si confrontino con la puntuale e completa motivazione della sentenza impugnata, comportano l'inammissibilità del ricorso stesso.