Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 10215 del 14 marzo 2011

ECLI:IT:CASS:2011:10215PEN

Massima

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Il concorso morale nel reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso sussiste anche quando l'imputato, pur non avendo direttamente minacciato o richiesto denaro alla vittima, abbia consapevolmente agevolato l'attività estorsiva altrui, sfruttando la sua posizione di prossimità al capo della zona e lo stato di soggezione della vittima, manifestando l'inopportunità di una sua diretta interlocuzione con gli estorsori. Ciò integra la prova del collegamento dell'imputato con gli autori del reato e della sua consapevolezza dell'illecita finalità, anche a titolo di dolo eventuale, essendo sufficiente che egli abbia agito con la conoscenza dei rapporti di forza esistenti tra le parti, che escludevano la possibilità per la vittima di sottrarsi alle richieste. L'aggravante del metodo mafioso è altresì configurabile in tali ipotesi, in quanto l'imputato ha agito consapevole dello stato di soggezione della vittima al potere del capo della zona, realizzando così la figura tipica dell'aggravante.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GARRIBBA Tito - Presidente

Dott. LANZA Luigi - Consigliere

Dott. FAZIO ((omissis)) - Consigliere

Dott. PETRUZZELLIS Anna - rel. Consigliere

Dott. CITTERIO Carlo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1. Bo. Mi. , nato a (OMESSO);

avverso la sentenza del 27/03/2009 della Corte di appello di Napoli;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PETRUZZELLIS Anna;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. DELEHAYE Enrico, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito il difensore, avv. ((omissis)) per Bo. Mi. , che ha concluso riportandosi ai ricorso.

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