Il provvedimento di archiviazione, sia esso adottato de plano o a seguito di opposizione della persona offesa, è ricorribile per cassazione soltanto per violazione del contraddittorio, ossia nei casi in cui le parti non siano state poste in grado di esercitare le facoltà ad esse attribuite dalla legge, come l'intervento in camera di consiglio per i procedimenti da svolgersi dinanzi al tribunale. Tale principio, affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, trova fondamento nella natura interlocutoria e sommaria dell'archiviazione, finalizzata al controllo di legalità sull'esercizio dell'azione penale e non all'accertamento del merito dell'imputazione. Pertanto, il ricorso per cassazione proposto dalla persona offesa non può essere ammesso per denunciare vizi della motivazione o altri profili di illegittimità del provvedimento di archiviazione, essendo l'impugnazione ammessa solo nei rigorosi limiti fissati dall'articolo 409, comma 6, c.p.p., che fa espresso e tassativo richiamo ai casi di nullità previsti dall'articolo 127, commi 1, 3 e 4, c.p.p., inerenti unicamente all'instaurazione del contraddittorio. Tale interpretazione, pur comportando una limitazione dei mezzi di impugnazione, non è ritenuta costituzionalmente illegittima, in quanto la pretesa sostanziale del denunziante/querelante risulta comunque adeguatamente garantita dalla possibilità di sollecitare la riapertura delle indagini e dall'intatta facoltà di esercitare i propri diritti d'azione e difesa in sede civile.