Il concorso morale dell'imputata nella creazione di un atto pubblico falso, anche in assenza di prova diretta della sua partecipazione materiale, può essere desunto in modo logico e ragionevole dalla circostanza che l'atto contraffatto conteneva le sue generalità e quelle di un suo familiare, a beneficio del quale l'atto era stato creato. In tali casi, la condotta dell'imputato non può essere ricondotta alla mera ricezione e utilizzo di un atto falso, ma integra il reato di falso in atto pubblico commesso da privato, non potendosi limitare la sua responsabilità alla fattispecie meno grave di cui all'art. 489 c.p. Inoltre, il diniego delle circostanze attenuanti generiche, motivato sulla base dei precedenti penali dell'imputato e dell'assenza di elementi positivi che le giustifichino, non è sindacabile in sede di legittimità, in assenza di una specifica indicazione degli elementi trascurati dal giudice di merito che avrebbero dovuto condurre alla loro concessione.