La clausola risolutiva espressa contenuta in una convenzione tra un'amministrazione pubblica e un privato, che prevede la decadenza del diritto di superficie e la risoluzione del contratto in caso di mancato ritiro della concessione edilizia entro il termine stabilito, attribuisce solo alla parte che ha subito l'inadempimento il potere di domandare la risoluzione del contratto. La parte inadempiente non può invece avvalersi unilateralmente di tale clausola per liberarsi dalle conseguenze pregiudizievoli del proprio inadempimento, non contemplate dal vincolo contrattuale. Pertanto, la parte inadempiente è priva di legittimazione attiva per chiedere in giudizio l'accertamento della risoluzione del contratto per il verificarsi delle condizioni previste nella clausola risolutiva espressa, essendo tale facoltà riservata esclusivamente alla parte che ha subito l'inadempimento e che può decidere se far valere o meno il proprio diritto potestativo di ottenere la risoluzione. La risoluzione del contratto per inadempimento non può essere pronunciata d'ufficio dal giudice, ma solo su istanza della parte interessata.