Cassazione penale Sez. V sentenza n. 25273 del 20 giugno 2008

ECLI:IT:CASS:2008:25273PEN

Massima

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Il reato di diffamazione sussiste quando l'imputato attribuisce falsamente ad altri una qualità deteriore, negando la veridicità di affermazioni rese in un contesto pubblico, senza che ciò possa essere giustificato dall'esercizio del diritto di critica o di cronaca. Ai fini della configurabilità del reato, è sufficiente che l'imputato abbia apposto una parola offensiva, come "bugia", a margine di un testo altrui, senza che sia necessaria una specifica indagine peritale per accertare la paternità della sottoscrizione, essendo ammissibile il riconoscimento della stessa da parte di testimoni. La mera contestazione di una singola affermazione contenuta in un più ampio contesto comunicativo non esclude la rilevanza penale della condotta, qualora essa sia idonea a ledere l'onore e il decoro professionale della persona offesa. Inoltre, l'inserimento dell'episodio in una polemica tra i soggetti coinvolti non integra di per sé una causa di giustificazione, dovendo essere valutata la proporzionalità e la continenza dell'espressione utilizzata rispetto allo scopo perseguito.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FAZZIOLI Edoardo - Presidente

Dott. PIZZUTI Giuseppe - Consigliere

Dott. COLONNESE Andrea - Consigliere

Dott. ROTELLA Mario - Consigliere

Dott. SCALERA Vito - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

1) MA. CA. N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 16/10/2007 CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SCALERA VITO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto Dott. Francesco Bua, che chiede il rigetto del ricorso:

udito l'avv. Vittorio Rossi del Foro di Modena, difensore della…

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