Il falso ideologico commesso mediante autocertificazione, resa sotto la propria responsabilità al fine di ottenere indebitamente un beneficio pubblico, integra il reato di cui all'art. 483 c.p. in quanto lede la fede pubblica, anche quando non vi sia stata effettiva induzione in errore, essendo sufficiente la mera idoneità della falsa dichiarazione a trarre in inganno la pubblica amministrazione. Inoltre, tale condotta può integrare altresì il reato di truffa di cui all'art. 640 c.p., qualora sia finalizzata all'indebita percezione di un contributo pubblico, senza che rilevi la circostanza che il beneficio non sia stato effettivamente conseguito, essendo sufficiente la mera attitudine della condotta fraudolenta a cagionare un danno patrimoniale allo Stato. Pertanto, il giudice non può pronunciare sentenza di proscioglimento per insussistenza del fatto o per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova, dovendo invece restituire gli atti al pubblico ministero, salvo che non ricorrano i presupposti per una pronuncia di assoluzione ai sensi dell'art. 129 c.p.p.