Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La retrodatazione dei termini di custodia cautelare, prevista dall'art. 297 comma 3 c.p.p., richiede che, al momento dell'emissione della prima ordinanza cautelare, gli elementi a carico dell'indagato relativi ai fatti oggetto della successiva ordinanza fossero già desumibili dagli atti, in modo tale da consentire al pubblico ministero un compiuto apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi, suscettibile di dare luogo all'adozione di una nuova misura cautelare. La mera conoscibilità storica di determinate evenienze fattuali non è sufficiente, essendo necessario che tali elementi fossero già acquisiti in un compendio documentale o dichiarativo che consentisse di valutarne la rilevanza ai fini cautelari. Pertanto, la retrodatazione non opera quando, in epoca anteriore all'emissione della prima ordinanza, non erano ancora desumibili dagli atti gli elementi che hanno consentito la precisa attribuzione all'indagato dei fatti dedotti nel titolo cautelare successivo.