Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 18201 del 2 maggio 2019

ECLI:IT:CASS:2019:18201PEN

Massima

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Il delitto di corruzione propria di cui agli artt. 319 e 321 c.p. richiede la prova di un accordo sinallagmatico tra il pubblico ufficiale e il privato, in base al quale il primo compie atti contrari ai doveri del proprio ufficio in cambio di una utilità economica o di altro vantaggio. La mera accettazione da parte del pubblico ufficiale di un'utilità, anche se conseguita per interposta persona, non è sufficiente a integrare il reato di corruzione se non è dimostrato il nesso causale tra tale utilità e il compimento degli atti contra officium. Inoltre, la circostanza che il vantaggio sia stato conferito a un terzo, anziché direttamente al pubblico ufficiale, non è di per sé idonea a provare l'esistenza dell'accordo corruttivo, essendo necessario accertare comunque il collegamento tra l'utilità e gli atti del pubblico ufficiale contrari ai suoi doveri d'ufficio. La valutazione di tali elementi probatori rientra nella discrezionalità del giudice di merito, la cui motivazione non può essere sindacata in sede di legittimità se non per vizi logici o giuridici manifesti.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOGINI Stefano - Presidente

Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere

Dott. BASSI Alessandra - Consigliere

Dott. COSTANTINI Anton - rel. Consigliere

Dott. ROSATI Martino - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS) SRL;
avverso l'ordinanza del 12/12/2018 del Tribunale del riesame di Cosenza;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. ((omissis));
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. ((omissis)), che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procurat…

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